Sentenza n. 30 del 1977
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SENTENZA N. 30

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. a, del d.lg. C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273 (proroga dei contratti agrari), promossi con ordinanze emesse il 26 maggio 1975 dal tribunale di Brescia nei procedimenti civili vertenti rispettivamente tra Zanetti Battista ed altri e Sarzina Giacomo, Astori Angelo e Comini Giovanni ed altro, iscritte ai nn. 398 e 399 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306 del 19 novembre 1975.

Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso dei procedimenti civili, promossi da Battista Zanetti ed altri e da Angelo Astori (rispettivamente, contro Giacomo Sarzina e Giovanni Pietro Comini) - per ottenere, previa declaratoria di cessazione e non ulteriore prorogabilità dei relativi contratti di affitto, il rilascio di fondi di loro proprietà, ai sensi dell'art. 1, lett. a, del d.l.C.P.S. n. 273 del 1947 ("avendo essi attori qualifica di coltivatori diretti ed intendendo direttamente coltivare i detti fondi") - l'adito tribunale di Brescia (Sezione specializzata agraria", con ordinanze di identica motivazione emesse il 26 maggio 1975, ha reputato rilevante (al fine del decidere sulle domande riconvenzionali di equo indennizzo, dai convenuti subordinatamente proposte), ed, inoltre, non manifestamente infondata - onde ha sollevato - questione di legittimità dell'art. 1, lett. a, del d.l.C.P.S. 1947 citato "per la parte, appunto, in cui detta norma non prevede che, nel caso di cessazione del contratto, per la causa ivi contemplata, l'affittuario abbia diritto ad indennizzo alcuno".

2. - Nel giudizio innanzi la Corte non vi é stata costituzione di parti né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

Dispone l'art. 1, lett. a, del d.l.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273, che la proroga (dei contratti di mezzadria, colonia e compartecipazione con lavoratori manuali) "non é ammessa se il concedente, che sia o sia stato coltivatore diretto, dichiari di voler coltivare direttamente il fondo, e la capacità lavorativa della sua famiglia sia all'uopo proporzionata".

Il tribunale di Brescia denuncia - come detto - tale norma per la parte in cui essa non prevede indennizzo alcuno in favore dell'affittuario nei cui confronti sia pronunziata la cessazione del rapporto e ne prospetta il contrasto con gli artt. 44 e 3 della Costituzione.

In premessa, ricorda il giudice a quo che la disposizione contenuta nella lett. b dello stesso art. 1 d.l.C.P.S. 1947 citato - la quale prevede come ulteriore causa di esclusione della proroga, la programmata esecuzione, da parte del proprietario concedente, di lavori di integrale ed immediata trasformazione del fondo - é già venuta all'esame della Corte. La quale, proprio in riferimento all'art. 44 della Costituzione e per contrasto con il fine (ivi) additato di perseguimento di "equi rapporti sociali", ha, con duplice e contestuale intervento, prima eliminato le norme (art. 32 legge 1971, n. 11 e art. 5 ter legge 1971, n. 592) che avevano abrogato la disposizione sopra detta e, poi, dichiarato la illegittimità anche di quest'ultima, limitatamente alla parte in cui non prevedeva un equo indennizzo in favore del coltivatore estromesso (sentenza n. 107 del 1974).

La disposizione ora denunziata - diretta, ad avviso del tribunale, a soddisfare identiche esigenze di tutela dell'affittuario che lascia il fondo per esclusa prorogabilità del relativo contratto di affitto - contrasterebbe con l'art. 44 della Costituzione per le stesse ragioni già poste a base della sentenza 1974 citata; e violerebbe, inoltre, l'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparità di trattamento di situazioni analoghe.

2. - La questione non é fondata.

Le due norme poste a raffronto dal giudice a quo disciplinano, in realtà, situazioni diverse.

L'ipotesi sub lett. b dell'art. 1 d.l.C.P.S. 1947, n. 273, evidenzia, invero, un'esigenza di contemperamento fra gli opposti interessi in giuoco del proprietario e del coltivatore, riconducibile ad un più generale paradigma di conflitto capitale-lavoro. Ed in tale quadro (sul presupposto che per stabilire equi rapporti sociali "non basti assicurare la tutela di una sola delle due parti del rapporto") ha operato la Corte, ripristinando, da un lato, il diritto del proprietario a rientrare in possesso del fondo onde eseguirvi le programmate opere di trasformazione ed introducendo, dall'altro, il diritto dell'ex coltivatore ad un "equo indennizzo" (che viene, in tal modo, a rappresentare, nei rispetti del proprietario una componente del costo complessivo della operazione economica di trasformazione agraria).

Ben diversa, invece, é la situazione contemplata nella lett. a dell'art. 1 d.l.C.P.S. 1947 citato.

In tale ultima disposizione - in cui l'eccezione alla proroga del contratto di affitto si giustifica, non in funzione di un investimento di capitali sul fondo, sibbene di un ritorno alla terra dello stesso proprietario, (anch'esso) diretto coltivatore - vengono, infatti, in contrapposizione interessi non già tra loro diversi, sibbene omogenei, per la comune attinenza alla esplicazione di una attività lavorativa sul fondo.

Una eventuale previsione di indennizzo (anche) nella specie, lungi dall'assolvere ad una funzione di riequilibrio, realizzerebbe, pertanto, un risultato opposto in quanto, nella tutela del coltivatore affittuario, non terrebbe conto (frapponendo un ostacolo alla sua realizzazione) dell'interesse - pure "di lavoro" - del proprietario coltivatore.

Resta così dimostrato che la norma denunziata si sottrae ai dubbi (come dal tribunale formulati) di contrasto con gli articoli 44 e 3 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1,lett. a, d.l.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273 (Proroga dei contratti agrari), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 44 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1977.